In attesa di aggiornare il blog con foto e video fatti a Manchester intanto posto quest'intervista pubblicata venerdì scorso su Repubblica.it.
Manca poco! I lads stanno arrivando anche da noi! ^__^
LONDRA - Ieri sera nello stadio di Wembley si è sentito un unico, grande urlo. Quello di ottantamila persone accalcate sugli spalti e nel prato del leggendario campo di calcio londinese per vedere arrivare in scena, di nuovo tutti insieme, i Take That. E' stata solo la prima di sette serate consecutive, 560.000 spettatori, che porteranno la band nuovamente al trionfo. Il tour è da Guinness dei Primati: un milione e quattrocentomila biglietti venduti solo nel primo giorno in cui sono stati messi in vendita. E poi tutto il resto, in tutto il mondo, Italia compresa, a San Siro il 12 luglio.
L'attesa è forte anche nel nostro Paese, dove sia i Take That che il solo Robbie Williams sono molto amati. Come anteprima dell'unica tappa italiana del tour, Samsung ha deciso di organizzare giovedì 7 luglio in Corso Como 5 a Milano una proiezione in 3D mapping sulla facciata dello stabile di Corso Como 5 celebrando in modo spettacolare ed emozionante il legame tra la tecnologia mobile Samsung e il Take That Progress Live Tour 2011. La videoproiezione, che sfrutterà tutte le ultime tecnologie di architectural projection, è stata sviluppata da Mai Tai con il supporto creativo e tecnologico dell'hub creativo Souldesigner di Milano, inizierà dalle ore 21.30 e terminerà a mezzanotte.
I Take That tornano insieme per la prima volta dopo sedici anni, da quando Robbie Williams li aveva lasciati e loro, dopo poco, avevano posto fine alla loro avventura. "Siamo tutti molto contenti di tornare in scena e convinti che non si tratti di un revival ma di una nuova avventura - ci dice Jason Orange - non possiamo più essere quelli di una volta e la nostalgia quindi potrà avere uno spazio piuttosto limitato nel nostro show. E pensiamo che alla fine i 'nuovi' Take That potrebbero riservare qualche sorpresa anche per chi non ci ha mai amato". "Per tanti anni ci hanno considerato come un semplice prodotto pop, magari usa e getta. Invece siamo ancora qui - dice Howard Donald - nonostante tutto".
A dire il vero, nessuno o quasi li considera più come un semplice e inutile prodotto dell'industria del pop. Merito innanzitutto del successo solista di Robbie Williams, ma anche degli altri quattro (Gary Barlow, Mark Owen, Jason Orange e Howard Donald) che sono tornati insieme qualche anno fa e sono già riusciti a rinnovare l'immagine e il suono del gruppo, non più "poster boy" ma cantanti pop di buon livello. Del resto sono tutti cresciuti, hanno messo su famiglia, persino quello scavezzacollo di Williams sembra aver messo la testa a posto e si è sposato. "E' vero, siamo cresciuti e siamo cambiati - dice Jason - ma non adesso. Quando abbiamo deciso di tornare insieme, senza Robbie, nel 2005, abbiamo subito capito che la partita era diversa, che non eravamo più una band fatta per conquistare il pubblico adolescente. Volevamo cantare altre cose, raccontare altre storie. Anche perché gli adolescenti che ci seguivano sono cresciuti, le ragazzine non vogliono più urlare, vogliono ascoltare storie in cui riconoscersi. Ma mancava qualcosa e questa reunion con Robbie, essere di nuovo al completo è davvero una grande cosa".
"Abbiamo fatto esperienze diverse, siamo cresciuti ognuno per conto suo e oggi siamo in grado, più di ieri, di divertirci e di condividere le nostre emozioni - dice Williams - oggi siamo davvero una band. Prima eravamo delle entità separate che lavoravano insieme, adesso siamo una cosa sola e questo cambia tutto, il modo di scrivere, il modo di stare in scena". "È vero, non siamo i vecchi Take That - ribadisce Jason - non siamo in giro per far rivivere vecchie emozioni. Mi è capitato di recente di andare a vedere un concerto dei New Kids on The Block: non voglio parlare male di loro, ma facevano esattamente le stesse cose di vent'anni fa, cantavano le stesse canzoni e si muovevano allo stesso modo. Noi abbiamo trovato un modo di offrire al pubblico non solo quello che eravamo, quel pizzico di nostalgia che è importante che ci sia, ma anche le cose diverse che facciamo oggi. Non volevamo restare intrappolati nello schema della boy band, ma progredire, crescere e credo ci siamo riusciti".
Il pubblico, del resto, è decisamente più esigente di venti anni fa. Non si accontenterebbero di vedere i cinque "boys" ballare in scena, chiede buona musica e loro sono intenzionati a fargliela ascoltare: "Siamo diventati più esigenti anche noi - dice ancora Williams - le cose che scriviamo non sono più soltanto cose del tipo 'ti amo', 'la mia ragazza mi ha lasciato' e via discorrendo. Non voglio dire che siamo diventati seri, di certo la credibilità non è il nostro campo, voglio dire che la gente viene ad ascoltare noi perché vuole sentire della buona musica pop, sorridere e passare una serata di buone vibrazioni. Riuscire a fare questo non è poco".
Williams e Barlow non litigano più. Anzi. Quando si sono ritrovati, a casa di Williams a Los Angeles, dopo anni di silenzio, hanno ricominciato subito a scrivere insieme e l'entusiasmo ha portato alla creazione di molti nuovi brani che il quintetto ha proposto nell'album, uscito lo scorso novembre, e che porteranno dal vivo. "Non credevo che fosse così facile, ma tutto quello che ci aveva diviso è improvvisamente scomparso, ci è sembrato senza senso. Ci siamo detti quello che ci dovevamo dire e siamo andati avanti".
A chi li accusa di fare tutto questo solo per denaro, Williams risponde con una battuta: "Si sono rimessi insieme cinque anni fa, e hanno avuto grande successo. Con me dovranno dividere i guadagni in cinque, guadagneranno di meno". Lo sottolinea volentieri Jason Orange: "Abbiamo fatto due dischi senza Robbie e sono entrambi andati molto bene. Ora dovevamo fare un altro passo avanti e farlo con lui cambia tutto, è come ricominciare un altra volta e con maggiore esperienza". "Ci sono tre motivi per fare questo mestiere - continua Williams - i soldi, la fama e il divertimento. I primi due li abbiamo avuti, li abbiamo ancora e la maggioranza delle star del pop di oggi lavora per ottenerli o mantenerli. Quello che ci interessa oggi è fare della buona musica pop, che possa essere longeva e faccia stare bene la gente che la ascolta. Quello che la gente vuole, che ha sempre voluto, è un po di 'saturday night variety', il varietà del sabato sera. E per farlo bene non bisogna pensare ai soldi o alla fama. Noi vogliamo fare questo, vogliamo fare qualcosa che resti, qualcosa di nuovo rispetto al passato".
Di nuovo c'è sicuramente il rapporto che la band vuole instaurare con il pubblico. Le iniziative che circondano il "Progress Live Tour" sono moltissime, dai pullman che nelle scorse settimane, organizzati da Samsung, sponsor ufficiale, hanno girato per le strade di Milano raccogliendo i suggerimenti dei fan per le scalette del concerto, all'invio di video sulla pagina del tour su Facebook fino all'applicazione da scaricare su cellulari e tablet per restare costantemente in linea con la band: "Le tecnologie sono cambiate e ci consentono cose che prima non erano possibili - dice Howard Donald - e ci interessa sperimentare cose diverse. Oggi non ci sono solo i dischi per far arrivare la tua musica alla gente e ogni nuovo mezzo è interessante".
Che la band però resti insieme non è nei piani. Nessuno di loro scommette sul futuro. Per ora sono insieme, poi si vedrà. Williams ha già i piani per il suo prossimo album, Barlow e gli altri non pensano di mettergli le catene ai piedi. "Abbiamo aperto una porta che prima era chiusa - dice Jason Orange - faremo in modo che non si richiuda di nuovo".
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